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Un’arte che nasce come rivelazione del sé, intima e spirituale; che si compie come una missione, che rivela le forme libere della provocazione, della riflessione, del confronto e del cambiamento. Quella di Gufò – Remo Scaravelli – è un’arte che vuole smuovere le menti ed adempiere all’impegno sociale di cui si veste in un’era sopraffatta dagli eccessi della società moderna… un’ “Art for life” come lui stesso la definisce! Nelle sue opere vengono demoliti preconcetti, false convinzioni, costrizioni, speculazioni, per poter portare la società a vedere di nuovo e far riemergere la vera essenza della natura umana.
Anche “Il Balcone di Romeo” risponde a questa “condizione” artistica. Provocatoria rappresentazione dell’amore romantico di Romeo e Giulietta appartenente all’immaginario comune, l’opera si presenta come l’altra faccia di un amore negato dalle dinamiche corrotte della società.
La simbologia dell’amore vero ed eterno, custodito nell’immagine di Giulietta e dei suoi attributi del balcone e del seno, viene emblematicamente qui sostituita da elementi afferenti a Romeo come simboli contrapposti: un balcone dalle fogge arrotondate e classicheggianti e 16 legnetti posti tra le inferriate, metafora della virilità.
Gioca alla ricorrenza simbolica che caratterizza l’opera anche lo stesso numero 16. Secondo il riferimento alla storia originale dei due sfortunati amanti circolante nella letteratura italiana dalla fine del 400 e variamente tramandata nel tempo, l’ipotetica Giulietta sarebbe nata il 16 settembre 1284 ed il primo incontro dei due sarebbe avvenuto nel giorno del 18esimo compleanno della fanciulla, il 16 settembre del 1302. Pertanto il numero 16 supporta tutta la costruzione ideologico-concettuale di un’opera che spinge sull’innocente naturalezza del rapporto carnale dell’amore mai vissuto dai due giovani (nella storia originale fu solo un amore platonico), aspetto dell’amore spesso vittima di falsi moralismi della società stessa.
Ma c’è ancora un altro elemento che completa la costruzione: i fiori che sbocciano sulle estremità dei legni, a simbolo della rinascita dell’amore che supera confini.
IFF
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L'emergente Gufò espone dal 22 settembre con dibattiti e incontri con giornalisti, scrittori e sociologi sull'amore al tempo del consumismo. Ma nel comunicato precisa: "Per una forma di estrema pudicizia nei confronti di una certa risonante critica". Ma l'ex sindaco di Salemi non si scompone: "Cercano pubblicità. Anzi, grazie: così non dovrò dire di no"
di Gabriele Paglino | 11 SETTEMBRE 2012
Vittorio Sgarbi? No, grazie. A Verona, un artista emergente ha deciso che non sottoporrà l’opera da lui scolpita – protagonista della mostra che verrà inaugurata il 22 settembre – al giudizio del controverso critico d’arte. Nello stesso spazio in cui verrà esposta la scultura di Gufò (questo il nome dell’artista), si terranno anche “dibattiti e incontri con giornalisti, scrittori e sociologi”, si legge nel comunicato di presentazione. Ma “per una forma di estrema pudicizia nei confronti di una certa risonante critica, per la prima volta nella storia dell’arte – viene sottolineato – non sarà gradita la visita professionale del famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi. Al quale sarà dedicata una lettera di spiegazioni”.
Il tema affrontato sarà l’amore “nella società attuale, dove tutto si sgretola in funzione del consumo sfrenato e condizionato dal mercato economico”, prosegue la nota. Partendo dall’amore nutrito dal giovane rampollo dei Montecchi per Giulietta e rappresentato provocatoriamente dall’opera di Gufò, titolata “il balcone di Romeo”: una classica struttura ferrea valorizzata da sedici elementi lignei, simboleggianti dei falli umani. Motivo ricorrente nell’arte di Gufò.
Insomma dopo il caffè bollente lanciatogli nei giorni scorsi da un individuo, adesso Sgarbi viene pure snobbato dal suo ambiente di formazione e provenienza con tanto di motivazione: “E’ necessario liberarsi da un discorso critico che ha fatto del servilismo e della pedanteria uno sbarramento”, si legge nella lettera aperta a Sgarbi e al sistema della critica. Per l’ex sindaco di Salemi dunque la mostra dell’artista Gufò sarà off limits.
E lui è rammaricato? Tutt’altro. “Non ci sarei andato, neanche se mi avessero invitato – fa sapere con orgoglio Vittorio Sgarbi, raggiunto telefonicamente da ilfattoquotidiano.it – Anzi li ringrazio per questa prescrizione, perché mi tolgono dall’imbarazzo di dover dire di no. Non li conosco, non so chi siano. Gli artisti contemporanei me li vado a cercare io, di certo non vado ad una mostra o comunque non ho bisogno che qualcuno mi dica dove posso trovarli. La loro non è un’operazione culturale – attacca il critico d’arte – ma soltanto un’operazione pubblicitaria di basso capitalismo con la quale cercano di utilizzare il mio nome, dicendo che non mi vogliono”.
Ed ecco stroncati i curatori della mostra – e ideatori dello “spot”, avente come protagonista involontario il fondatore del Movimento della Rivoluzione. I quali però, contattati da ilfattoquotidiano.it, cercano di aggiustare il tiro, lasciando intendere che la loro è una repulsione nei confronti dell’intero mondo della critica. “Vogliamo sollevare un dibattito – dicono – Vanno rivisti alcuni meccanismi troppo schematici di analisi dell’opera. Bisogna riformulare il concetto di arte: da valutare non per i flussi alle mostre o per i cataloghi, ma per quello che veramente è. Possibilmente al di fuori di un linguaggio specialistico”.
Ma forse attaccare Sgarbi non sembra essere stata la scelta più azzeccata. Anzi, Gufò e il curatore della mostra forse hanno proprio sbagliato il bersaglio. Quei concetti infatti sono gli stessi che il critico d’arte ferrarese esprime – con parole diverse – nel suo ultimo libro, L’arte è contemporanea: “L’opera d’arte è, e basta. Così come la bellezza è. L’arte non ha bisogno di specialisti per essere capita”.
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